In “GLO” un ritmo postmoderno incontra il cha cha cha, passa per gli anni ’80, scivola su note elettroniche e partiture classiche e dipinge sulla scena il mondo LGBT+ con le sue sfumature. Un mondo che si regge su alternanze di eccentricità, coraggio, noia, libertà, appariscenza, trasgressioni, tenerezza, amori profondi, ma anche di paura, di follia, di angoli bui dove nascondersi.
“GLO” è il racconto di storie, tutte uguali, tutte diverse; un calarsi dentro un caleidoscopio dove le immagini vorticano colorate, per trasformare i gesti in emozioni. Per raccontare di persone che si amano e si desiderano.
Lo spettacolo nasce da quattro diversi studi sul gender ed è composto da quattro miniature coreografiche autoconclusive.
Allo spettatore si apre un mondo patinato, ovattato, canzonatorio. La voce potente di Cher e le note di “Strong Enough”, animano quelli che sembrano super eroi in lingerie, manichini fluorescenti, corpi a metà tra il gay pride e il fumetto.
Trait d’union una scelta musicale che unisce l’esigenza drammaturgica con il desiderio di creare un’ambientazione libera e divertente. Da qui una playlist che mescola la musica di Cher e dei The Tamperer con artisti contemporanei come Steve Roach, Harold Budd e Brian Eno.
Il compito di raccontare ciò che accade è assegnato al corpo dei danzatori, immersi in uno spazio quasi vuoto, eccetto che per i pochi oggetti in scena: indumenti in fil di ferro. Lo stesso filo che unisce, svela, costringe o libera i protagonisti.