In costante ricerca. Il bisogno dell’altro. Avidità di contatto, profumi e sapori. Liberati del freno inibitorio del pudore e delle convenzioni sociali cosa potrebbe accadere? Siamo tutti animali? Quanto possiamo desiderare chi ci circonda? Quanto e quanti possiamo amare? Due corpi, poi uno e poi improvvisamente tre. Imprevisti e probabilità. Ritmi e rituali che percuotono, s’intrecciano e distorcono. La grazia innaturale di Nijinsky. L’istinto predatorio appartiene al DNA dell’essere umano. Marcare il territorio diventa un gioco, immaginare diventa un’esigenza. Quanto spazio abbiamo nel nostro corpo, nella nostra mente e nel nostro animo? Quanto possiamo ospitare dentro di noi? Fame.
A LOT OF si costruisce sul numero 3: 3 performer in scena, 3 autori differenti, 3 composizioni musicali, 3 personaggi storici, 3 parti.
Tutto inizia con un duetto ispirato a L’Après-midi d’un Faune, coreografato da Nijinsky nel 1912. L’autore nell’opera originale affronta il tema della pulsione sessuale non controllabile da cui scaturisce un enorme senso di colpa. Nei suoi Diari, scritti sette anni dopo il balletto, si evince che il coreografo si sia ispirato alla sua stessa vita con Djagilev di cui era amante.
Nessuna ninfa in scena, al centro soltanto due creature primitive, a tratti mitologiche. Le due “creature” sognano, desiderano, si uniscono per un obiettivo comune, provano a desiderarsi ma è soltanto un tentativo. L’oggetto del desiderio non è lì con loro, è altrove. Lungo il cammino uno diventa l’ostacolo dell’altro, un ostacolo amato e odiato, utilizzato per raggiungere il proprio scopo.
Cosa succede nel momento in cui non si riesce a soddisfare la propria pulsione? Cosa succede al corpo nel momento in cui non riusciamo a ottenere ciò che bramiamo?
A seguire in A LOT OF si assiste ad un solo, un tuffo all’interno del sacrificio, un rito volto a un piacere più alto. Movimenti carnali che si scontrano con la più sensuale delle delicatezze. Un corpo che osserva e scruta. Un corpo che grida e assapora. Un corpo che si adagia su melodie conosciute affondandosi a memorie ancestrali. Sagre primaverili, inizi sempre originali, tempi di riscoperta. Ripetere per cambiare, rivivere per perdere, rifare e sbagliare, riavvolgere per ricominciare.
Infine si assiste al racconto di una storia d’amore antica per origine, contemporanea di definizione. In scena due corpi che si amano fino a che un terzo prende il posto di uno dei due, una nuova coppia si forma ma per poco, diventeranno un trio; il triangolo composto dal leggendario Vaslav Nijinsky, dalla contessa Romola de Pulszky e dall’impresario Sergej Pavlovič Djagilev prende forma sulla scena attraverso tenerezza, passione, voyeurismo, divertimento, rabbia e solitudine. La forza di Romola, la volontà di Nijinsky, la furia di Djagilev si intrecciano in forme, traiettorie, schemi, esplosioni. Tre persone che si amano. Anche questo è amore? Cosa muove le loro anime e i loro corpi?
La musica parte dalla rielaborazione di due opere immortali: L’Après-midi d’un Faune di Debussy e Le Sacre du Printemps di Stravinskij. I temi vengono rielaborati e decostruiti con un approccio elettro acustico, il materiale armonico reiterato in maniera quasi catartica al fine di sottolineare le sfumature erotiche e folli della poetica tormentata di Nijinsky. La ripetizione musicale è parte fondamentale del processo, matrice di un sentimento primitivo raffinatosi in Uomo moderno, vittima dell’amore e delle sue conseguenze.