“A Domani” parla di una storia d’amore.
Si tratta dell’amore più antico, forte e puro: quello che unisce una madre e il proprio figlio.
Lei è malata, ha poco tempo, la vita di lui è ridisegnata dal tempo immobile della malattia. Tutto diventa incerto. I confini familiari sembrano richiudersi e soffocare, i luoghi e gli oggetti della quotidianità si trasformano in nuovi pericoli, figure stranianti, fantasmi di ciò che è stato. In questo nuovo spazio, emerge l’essere umano che dovrà cercare di dare senso all’aspetto più inaccettabile della condizione umana: imparare a dire addio a ciò che amiamo.
“A Domani” nasce da un vissuto personale e dall’esigenza artistica di esprimerlo. La creazione si sviluppa dallo studio del morbo di Creutzfeldt-Jakob (CJD), una malattia neurodegenerativa rara, cercando di comprendere come l’ammalato si muove e si comporta nella quotidianità.
La scena è delimitata da un perimetro di fili da bucato, con appesi panni bianchi, che chiude la scena sui tre lati, creando un “ring” delimitato dal pubblico. Al centro, sul fondo, una porta: il confine; “dentro e fuori”, “realtà e pensiero”.
Resta alla fine una promessa, “A Domani”, l’augurio più bello che si possa fare.