Cosa significa essere liberi? Liberi in ogni sua accezione: dalla paura, dalla vergogna, dalla malinconia, dalla tristezza, dal dolore; liberi di volare, di amare, di vivere, di sognare, ma soprattutto, prima di tutto, siamo liberi di essere liberi? L’individuo si sente sempre prigioniero del lavoro, della famiglia, dell’amore, della condizione sociale, quindi dalla propria vita. Ma davvero per uscire di prigione bisogna essere esperti, pronti, preparati? Bisogna conoscere di che legno è la porta, di che lega sono le sbarre e stabilirne l’esatta gradazione di colore? Cosa ci fa rimanere dentro la nostra prigione, privi di libertà? Cosa ci fa preferire una gabbia sicura ad un’imprevedibile vita? Se lo si vuole, per uscire di prigione, bisogna uscirne a gran voce, subito e con un immenso coraggio, pronti a rinunciare al passato certo per un futuro incerto.
Lost Movement in “ROSSOphilìa” affronta il tema più problematico, il più antico, quello più caro ad ogni essere vivente, la libertà. Fragile, agognata, troppo spesso negata, la libertà si presta in maniera eccellente ad essere raccontata con il movimento del corpo che, nel connubio con la musica, riesce a rappresentare, meglio di tante parole, le mille sfaccettature di questo tema così complesso, concedendosi nel finale un’indispensabile speranza, la chance che ogni uomo ha il diritto/dovere di sognare.
In questo allestimento il coreografo Nicolò Abbattista si è avvalso della figura dello stage designer Massimo Desiato che ha creato per “ROSSOphilìa” un’installazione artistica, nucleo centrale dello spettacolo.
I danzatori si muovono all’interno di una fitta rete di fili che li collega, li imprigiona, li impedisce, ma allo stesso tempo presenta possibilità di fuga, se le si cerca davvero.